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Forza Italia, da un’idea di Stefano Accorsi

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Attenzione: l’articolo contiene spoiler.

Doveva essere qualcosa di completamente diverso dalle solite fiction tutte prevedibilità e buoni sentimenti. Era stata pubblicizzata come “la serie italiana che fa invidia a quelle americane”, alla pari – se non di più – di recenti e fortunate produzioni Sky come Gomorra Romanzo Criminale. Un elemento, però, aveva cominciato a farci sorgere qualche dubbio fin dall’inizio. Quella frase inquietante, ripetuta negli spot come un mantra: “da un’idea di Stefano Accorsi“. Perché, ci chiedevamo, porre tutta questa enfasi nel fatto che l’idea sia stata proprio di Accorsi, il quale – guarda caso – interpreta anche il protagonista? Fiduciosi, avevamo cacciato quel brutto presentimento, avvalendoci del fatto che i primi due episodi fossero stati presentati alla Berlinale e che la serie fosse già stata venduta in quasi tutta Europa per essere trasmessa in contemporanea in Germania, Austria, Regno Unito e Irlanda, quindi, forse, fosse davvero qualcosa di serio.

Con la prima stagione conclusa e l’incombenza di un probabile sequel, è il momento di tirare le somme e capire cosa ha significato davvero 1992. Risposta breve: per la televisione italiana? Poco; per l’ego di Stefano Accorsi? Molto. Ma a noi piacciono le risposte lunghe, e quindi procediamo ad analizzare pregi e difetti della serie trasmessa su Sky Atlantic.

Innanzitutto, le uniche cose che 1992 sembra avere in comune con le serie americane sono le numerose scene di sesso. Almeno una per episodio, per niente funzionali allo sviluppo della trama, e quasi tutte vedono come protagonista Leonardo Notte, il geniale pubblicitario dal passato oscuro interpretato (a sorpresa!) da Stefano Accorsi. La migliore è senza dubbio quella nella jacuzzi con tre escort russe mentre cantano l’inno sovietico, la peggiore è quella allucinata col fantasma (!) della ragazza che ha ucciso/lasciato morire quando militava nel movimento studentesco, scena che ha segnato il salto dello squalo in un finale di stagione altrimenti dignitoso.

202016334-eed9d405-75cb-4e51-85e9-b0186a8b449eLo spregiudicato Notte è solo uno dei personaggi che popolano la Milano di Tangentopoli, alcuni di fantasia, altri esistenti. Come nella migliore tradizione dei racconti corali, le vite dei protagonisti si intrecciano agli eventi di quello sconvolgente anno – dall’inizio dell’inchiesta Mani Pulite alle stragi di Capaci e via D’Amelio – e si intrecciano soprattutto fra di loro, creando collegamenti talvolta improbabili e forzati, ai quali deve subentrare la classica sospensione d’incredulità per provare ad apprezzare minimamente la sceneggiatura. Alcuni di questi personaggi, comunque, sono sviluppati in modo interessante. Pietro Bosco (interpretato dal bravissimo Guido Caprino) è forse il più complesso di tutti, e la sua storyline è quella costruita meglio, con tutta la costellazione di figure secondarie che lo circondano, dal padre meschino al pittoresco leghista che lo candida in Parlamento segnando la sua ascesa politica che lo porterà a stringere una singolare amicizia col democristiano Gaetano Nobile (Gianfelice Imparato), un vero e proprio Frank Underwood napoletano.
Un buon potenziale ce l’aveva anche Veronica Castello (una convincente Miriam Leone), aspirante starlette che passa da un letto di un potente all’altro nella speranza di raggiungere il successo, ma nel giro di qualche episodio passa da personaggio anticonvenzionale e ricco di sfaccettature a scheggia impazzita dalla personalità inconsistente, a causa di una scrittura che penalizza la solidità dei personaggi femminili (concedetemi la retorica femminista, ché di donne decenti nella tv italiana non se ne vedono mai e stavolta ci credevo sul serio). Anche Bibi Mainaghi e la sua improbabile trasformazione-lampo da fattona a esperta manager rientrano in questa categoria, ma su Tea Falco non spenderemo molte parole perché se n’è già detto e scritto troppo.

Quello della recitazione, comunque, rimane un grande problema nelle produzioni italiane, e le scene nelle quali la giovane Mainaghi parla con Notte sono emblematiche: alla dizione fin troppo perfetta di Accorsi (che sembra essere costantemente nello spot della casa automobilistica di cui è testimonial) si sommano le parole impastate e trascinate della Falco, e sembra quasi che i due non stiano nemmeno dialogando tanto è diverso il loro modo di articolare le frasi.

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Ma è inutile girarci intorno, il vero protagonista di 1992 è Lui. Sì, Lui. Colui che nel primo episodio compare in sordina, nella sede di Publitalia ’80 mentre parla a Notte dal bagno accanto, e gli si vedono solo i piedi. Colui che viene citato ad ogni episodio, e a poco a poco esce allo scoperto – come un villain dei fumetti – prima tramite interviste televisive (vere), poi di spalle e infine in volto, sebbene sfuggente. E arriva la rivelazione: ci era stata presentata come serie che narra le gesta di Antonio Di Pietro (interpretato molto bene da Antonio Gerardi) e del pool di Milano, e invece è un’opera che racconta l’inesorabile discesa in campo di Silvio Berlusconi, facendo coincidere quell’anno con la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra, l’unica che chi è nato dopo il ’92 (come chi scrive) ha vissuto.

L’interpretazione dei fatti che hanno portato alla fondazione di Forza Italia è decisamente verosimile (per non dire accurata), dal modello “partito-azienda” alla presenza di ex-sessantottini fra i dirigenti del Biscione. Un po’ meno verosimile è il ruolo di uno come Notte, che nella serie è incaricato da Marcello Dell’Utri di trovare il prossimo candidato premier del centro-destra. Ed è qui che rientra in gioco l’ego di Accorsi: il pubblicitario è una sorta di genio del marketing, e si accorge del potenziale di Berlusconi come leader politico prima di Dell’Utri e forse ancora prima di Berlusconi stesso.

1992-fozza-itaiaQuesto incredibile revisionismo a beneficio di un unico personaggio, che sminuisce fino ad annullare quasi del tutto il ruolo di Dell’Utri nella creazione del mito del Silvio nazionale, fa un po’ storcere il naso. Il personaggio di Notte vuole essere un anti-eroe, ma ci riesce solo a metà, recuperando molto negli ultimi due episodi, dove avvengono due avvenimenti che fanno fare alla serie un salto di qualità: il brutale omicidio di Rocco Venturi alla fine del nono episodio, e l’inquadratura finale del decimo. Il primo dà finalmente un po’ di spessore al machiavellico Notte, facendogli oltrepassare (per la seconda volta?) un confine morale ben preciso e costituendo forse l’unico evento imprevedibile della storia; il secondo dona miracolosamente un senso di compiutezza a una serie dalla struttura perlopiù disomogenea, e fa propria l’interpretazione di Franco Bassanini sull’entrata in politica del Cavaliere: “È uno dei segni”, affermava l’allora deputato del Pds in un’intervista al Corriere, “che dietro questa apparentemente improvvisa e inopinata costruzione di una forza politica c’è una lunga preparazione.” Coerentemente a questo pensiero, 1992 si chiude proprio con quei misteriosi cartelloni che invasero Milano.

Con un finale del genere, l’unico modo – a mio avviso – per rendere un eventuale 1993 interessante, sarebbe quello di renderlo una serie antologica (come True Detective, per intenderci), con nuovi personaggi e, soprattutto, senza idee di Stefano Accorsi.

P.S. Una nota di merito va alla soundtrack realizzata da Davide “Boosta” Dileo e alle ottime scelte musicali – dai R.E.M. agli Ace of Base – che catturano benissimo l’essenza degli anni ’90.

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